L'ABC DELLE MALATTIE E DELLE INFEZIONI IN CAMPO PEDIATRICO

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Sherry76
view post Posted on 7/7/2008, 12:25 by: Sherry76




La varicella, come tutte le malattie virali, per manifestarsi necessita di un periodo di incubazione (di 15-21 giorni). La trasmissione del virus normalmente avviene per contatto diretto con la persona infetta (il periodo di contagiosità va da 1-2 giorni prima della comparsa delle vescicole a 5 giorni dopo). La trasmissione indiretta (senza cioè il contatto diretto con il malato) può avvenire solo con oggetti contaminati di fresco dalle secrezioni delle vescicole o dalle mucose delle persone infette, in quanto il virus è molto labile all'ambiente.

Pertanto suo padre può contagiarla solamente se prende lui stesso la malattia. Non sapendo se suo padre è suscettibile a prendere la malattia l'unica cosa veramente sicura per non essere contagiati è di evitare il contatto diretto nel periodo che va tra i 10 e i 21 giorni dall'ultimo contatto con un bambino infetto.

Se la varicella si sviluppa durante la gravidanza, il virus passa facilmente anche al feto, tramite il sangue materno e attraverso il cordone ombelicale.

Però, più che la possibilità di contagio per il feto (alta), è importante conoscere che le conseguenze sono molto diverse in base al periodo di gravidanza nel quale avviene il contagio:

nei primi tre mesi, come anche con altre malattie infettive, si ha il più alto rischio di embriopatia (cioè di malattia dell’embrione);
nel secondo trimestre la percentuale di rischio per il bambino decresce progressivamente con il passar del tempo;
negli ultimi tre mesi la malattia non è pericolosa per il feto, che può sviluppare una banale varicella in utero, con la sola conseguenza di poter avere più facilmente un Herpes Zoster (fuoco di S. Antonio) nei primi anni di vita;
negli ultimi 5 giorni di gravidanza e nei primi 2-3 giorni dopo il parto, la varicella della madre merita particolare attenzione, in quanto può essere causa di una forma grave e disseminata di malattia nel neonato.
In caso di esposizione nei periodi di "rischio" è indicata la somministrazione di Gammaglobuline specifiche contro il virus Varicella-Zoster (VZIG) sia alla madre (in caso di contagio nei primi 3 mesi e negli ultimi 20 giorni della gravidanza) che al neonato (in caso di varicella materna nei 5 giorni precedenti e nei 2 seguenti il parto.

L’eventuale immunità alla varicella può essere accertata solamente con il dosaggio nel sangue degli anticorpi specifici per il virus Varicella-Zoster.

Riguardo al Il citomegalovirus, esso fa parte della famiglia dei virus erpetici, ma è un virus diverso e non ha un'immunità crociata con il virus Varicella-Zoster, pertanto non avere immunità contro il citomegalovirus, non vuol assolutamente dire di essere suscettibili anche alla varicella.

È utile ricordare che il virus Varicella-Zoster è responsabile sia della varicella che dell’herpes Zoster (fuoco di S. Antonio).

Quando si incontra per la prima volta il virus VZ si prende la varicella con il suo tipico decorso: incubazione, malattia, guarigione.

Dopo la malattia però Il virus VZ non viene completamente eliminato dall'organismo, ma rimane (senza dare alcun segno di sé) all'interno dei gangli nervosi (punti di incrocio e di partenza dei vari nervi). Per fattori esterni (stress, malattie…) il virus si può improvvisamente riattivare e dare la tipica sintomatologia del "fuoco di Sant'Antonio": grappoli di vescicole (uguali a quelle della varicella) che si distribuiscono lungo il decorso dei vari nervi (Zoster oftalmico, toracico, lombare…), spesso accompagnate da dolore "urente" (bruciante).

Ne consegue che se un bambino sta a contatto con il nonno affetto dal "Fuoco di Sant'Antonio" può prendersi la varicella, trattandosi dello stesso virus.

Non può essere vero il contrario: dalla varicella del nipotino, il nonno non può prendersi il "Fuoco di Sant'Antonio", in quanto questo si ha solo per l'attivazione di un virus già presente nell'organismo e non per contagio.

fonte: www.mammaepapa.it/salute/pag.asp?nfile=pr_herpes


COLPO DI CALORE, COME AFFRONTARLO...
Il nostro organismo mantiene costante la temperatura corporea indipendentemente dalla temperatura esterna. Se l'ambiente è freddo abbiamo i brividi e ci muoviamo di più per produrre calore, al contrario quando è caldo sudiamo perché l'evaporazione delle gocce di sudore dalla superficie cutanea permette di disperdere calore.

In condizioni estreme questi sistemi non funzionano o non riescono a mantenere una adeguata temperatura corporea, per cui avremo rispettivamente le lesioni da freddo (fino all'assideramento) e le lesioni da caldo (il malessere o esaurimento da calore e il colpo di calore). Il colpo di sole può essere considerato come il colpo di calore, con la sola differenza che in questo caso vi è stata una esposizione diretta ai raggi solari e quindi sono presenti anche i segni della ustione solare.

Le condizioni ambientali determinanti perché si verifichi il colpo di calore sono: temperatura esterna elevata, aumento dell'umidità relativa (che ostacola l'evaporazione del sudore) e ventilazione assente o ridotta. Questi tre fattori si potenziano a vicenda, per cui potremo avere un malessere per temperature ambientali non elevate, ma con alta umidità relativa e ventilazione assente (la cosiddetta afa).

Vi sono delle persone che più di altre corrono il rischio di avere un colpo di calore: i bambini e gli anziani, le persone con ritardo mentale e quelle con malattie croniche, specialmente malattie del cuore o pressione arteriosa alta. Anche alcune sostanze voluttuarie (alcool, cocaina, amfetamine) alterano i meccanismi che regolano la temperatura corporea e possono facilitare un colpo di calore. Ad esempio l'uso dell'ecstasy nelle discoteche affollate e calde associato all'aumento dell'attività motoria e all'eventuale assunzione di alcool rappresenta sicuramente una situazione di rischio per gli adolescenti.


Quali sono i disturbi
Soprattutto senso di mancamento, nausea, vomito, aumento della temperatura corporea, mal di testa, piloerezione (pelle d'oca) al torace ed arti superiori, brividi, respirazione frequente, crampi muscolari, disturbi mentali che possono arrivare allo stato di incoscienza o limitarsi ad una incoerenza nel parlare. L'insieme di questi sintomi variamente combinati tra loro rappresenta l'esaurimento da calore che precede il colpo di calore, il quale è caratterizzato da un peggioramento progressivo, con aumento della temperatura corporea fino a 40°C - 41°C, delirio, coma o crisi convulsive.
È molto importante riconoscere i primi segni dell'esaurimento da calore: in questa fase, infatti, potremo evitare complicazioni cercando un luogo più fresco, interrompendo l'attività fisica e aumentando l'assunzione di acqua. Se i sintomi sono sin dall'inizio gravi o la persona soccorsa stenta a riprendersi occorre chiamare immediatamente il 118.
Nel frattempo dobbiamo portare la persona in un ambiente ombreggiato, fresco, spruzzare acqua sul corpo (possono essere utili gli spruzzatori che si usano per il giardino o per la biancheria), comunque bagnare la superficie corporea con asciugamani; se cosciente il malato deve bere acqua, non altri liquidi, a piccoli sorsi e ripetutamente; usare un ventilatore per favorire l'evaporazione della pelle bagnata, porre la persona stesa a pancia sopra e con le gambe sollevate rispetto al tronco. Infine, se vi è un ambiente con aria condizionata, aspettare in quella sede i soccorsi.

Che cosa dobbiamo fare in una giornata particolarmente afosa
Bere una maggiore quantità di liquidi non alcolici senza aspettare di sentirsi assetati;
Non bere liquidi che contengono alcol, caffeina o molto zuccherati;
Non bere bevande estremamente fredde, possono causare crampi addominali;
Restare in casa nelle ore centrali della giornata o in un ambiente con aria condizionata, oppure passare delle ore in ambienti pubblici che dispongono di aria condizionata;
L'uso dei ventilatori elettrici può essere utile;
Fare un bagno o una doccia;
Indossare abiti leggeri e di colore chiaro, con tessuti che non ostacolano la traspirazione;
Non lasciare nessuno in un veicolo parcheggiato all'aperto;
Controllare con maggior frequenza le persone a rischio (soprattutto i bambini e gli anziani) e accertarsi che stiano in ambienti freschi ed assumano una quantità idonea di liquidi.

fonte: www.mammaepapa.it/salute/pag.asp?nfile=pr_colpocalore


Edited by Sherry76 - 1/8/2010, 21:30
 
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