Alimentazione in gravidanza

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Sherry76
view post Posted on 20/6/2008, 15:37




Fin dall'inizio della gravidanza è importante seguire una dieta corretta, equilibrata e variata sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Come regola generale occorre sapere che, per assecondare il tumultuoso ritmo di crescita del bambino, non esiste una dieta precisa da seguire nei nove mesi, ma occorre introdurre tutte le sostanze necessarie allo sviluppo del piccolo, ed è indispensabile, nello stesso tempo, evitare di aumentare troppo di peso.

Tutti conoscono il detto che in gravidanza la mamma deve "mangiare per due", ma in realtà è sufficiente introdurre in media soltanto 300 calorie in più rispetto al fabbisogno necessario prima di rimanere incinta (un po' di meno nei primi tre mesi e un po' di più nell'ultimo trimestre). Calcolando che una donna tra i 18 e i 40 anni necessita di circa 2.100-2.200 calorie, nel primo trimestre sarebbe bene introdurre non più di 2300 calorie per salire progressivamente a 2400 nel prosieguo della gestazione. In particolare la dieta dovrà contenere un 15% di proteine (carne, latte, yogurt, pesce, uova, legumi), un 30% di grassi (olio, burro), un 55% di carboidrati (pane, pasta, riso), ed includere elevate quantità di vitamine, sali minerali e fibre (frutta e verdura), oltre ad un aumentato apporto di liquidi (almeno un litro e mezzo o due al giorno).

È importante inoltre rispettare alcune norme igieniche, come lavare accuratamente la frutta e la verdura, ed evitare l'assunzione di carne cruda e poco cotta in quelle donne che non sono immunizzate nei confronti della toxoplasmosi. È consigliabile prendere l'abitudine di fare una colazione abbondante ed evitare, nel corso della giornata, di mangiucchiare in continuazione stuzzichini e fuori pasto, che aumentano in modo spesso impensabile le calorie introdotte quotidianamente.

fonte: http://www.mammaepapa.it/salute/pag.asp?nfile=sa_dietagrav
 
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view post Posted on 20/6/2008, 16:02
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E anche è bene che prima di rimanere incinta (sempre se viene programmato) di prendere almeno 3 mesi della prima la gravidanza e poi anche dopo, delle pasticche di folina..è una sostanza che aiuta a prevenire alcune malattie del feto, come la schiena bifida e altre malformazioni.... "ma sempre sotto controllo medico ginecologico"
 
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Sherry76
view post Posted on 20/6/2008, 16:05




:CONGRA2286.gif:
Sono d'accordo con te...
io ho iniziato a prendere la folina appena avuta la certezza di essere incinta... e ti dirò di più in clinica mi hanno consigliato 1 compressa di multicentrum materna... che ho preso regolarmente in gravidanza e allattamento... (17 mesi di allattamento richiedono molte energie!!!
:a1941.gif:
Serena
 
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Sherry76
view post Posted on 7/7/2008, 08:03




Il decalogo della gravidanza
REDATTO dalla ASM ONLUS Associazione Italiana Studio Malformazioni ONLUS


1. CHIEDI quali sono i rischi per il tuo prossimo bambino se hai
malattie o handicap in famiglia, oppure se hai avuto aborti o
gravidanze difficili.
2. ACCERTATI se sei protetta da malattie pericolose per il nascituro;
se non lo sei e si può, vaccinati.
3. CURA la tua alimentazione: adegua la dieta in qualità e quantità,
elimina i cibi che possono essere pericolosi.
4. EVITA il fumo, un eccesso di bevande alcoliche, le droghe; evita radiografie
nella seconda metà del ciclo, oltre che all’inizio della gravidanza.
5. ASSUMI farmaci, in previsione o durante la gravidanza, solo su precisa
indicazione medica: se hai malattie croniche, fai adeguare la terapia in
funzione della gravidanza.
6. INFORMATI sulle procedure non invasive per meglio valutare il
rischio di anomalie del bambino, non solo in base alla tua età.
7. VALUTA possibilità e rischi delle procedure invasive di diagnosi prenatale
precoce riguardanti anomalie del bambino.
8. FAI un’ecografia completa a 19-22 settimane: questa ecografia può
identificare almeno il 50% delle malformazioni.
9. SAPPI che le diverse malformazioni possono anche essere curate in
utero o dopo la nascita in Centri specializzati dove programmare il parto.
10. CONSIDERA che alcune anomalie (specialmente quelle metaboliche)
non diagnosticate in utero possono essere individuate con esami del sangue o
altri esami sul bambino.

IN OGNI CASO, ABBI CURA DI TE: SII A CONOSCENZA DEI TUOI DIRITTI E FALLI RISPETTARE!

in dettaglio:

SPOILER (click to view)
1. CHIEDI quali sono i rischi per il tuo prossimo bambino se
hai malattie o handicap in famiglia, oppure se hai avuto aborti o
gravidanze difficili.
La nascita di un bambino rappresenta per i futuri genitori un
momento di eccitazione e di gioia; tuttavia, a volte la preoccupazione
che qualcosa possa non essere normale suscita perplessità e
timori. Fortunatamente, soltanto poche coppie sono esposte ad un rischio
riproduttivo elevato. Ma quali sono? Come è possibile individuarle?
Il fattore più conosciuto di rischio per le anomalie cromosomiche nei
figli è rappresentato dall’età materna avanzata. Ad esempio, la frequenza dei
bambini con sindrome di Down (o trisomia del cromosoma 21, detta anche
mongolismo) è più elevata nei figli nati da madri di età superiore ai 35 anni
rispetto a quelli di madri con età più giovane. Oltre all’età, però, vi sono
altre situazioni nelle quali è possibile riconoscere per il nascituro un rischio
di malattie genetiche e/o di difetti congeniti più alto rispetto a quello della
popolazione generale. In molti casi questo rischio aggiuntivo può essere
individuato, anche prima della gravidanza, sulla base della storia personale
(anamnesi) dei genitori e dei loro rami familiari. Pertanto è utile informare il
medico sulla presenza di malattie o difetti congeniti personali o rilevanti nell’àmbito
delle proprie famiglie.
Si raccomanda inoltre di segnalare al medico, in modo particolareggiato,
la storia delle precedenti gravidanze, specie se complicate, includendo anche
gli eventuali aborti spontanei. E’ altresi opportuno accertarsi, per riferirlo al
medico, della eventuale presenza nella propria famiglia di malattie ricorrenti,
di malattie croniche, di malattie rare, di difetti congeniti, di difetti visivi
e/o uditivi, di casi di ritardo mentale e di difetti della crescita. E’ importante
non dimenticare di informare il medico della presenza di una eventuale
condizione di parentela (consanguineità) della coppia che, come noto, è
associata ad un aumento del rischio di malattie genetiche alla nascita.
Come in altri Paesi del bacino del Mediterraneo, anche in Italia vi sono
numerosi portatori sani di talassemia, malattia dell’emoglobina.
Informare il medico sui problemi di salute propri e delle proprie famiglie,
possibilmente ancor prima della gravidanza, è certamente utile per
affrontare la maternità in maniera più serena e per migliorare l’efficacia della
prevenzione delle malattie genetiche.



2. ACCERTATI se sei protetta da malattie pericolose per il nascituro;
se non lo sei e si può, vaccinati.
Le infezioni costituiscono ancora oggi una delle cause più frequenti di
malattie materne e fetali. Molti progressi si sono compiuti nello sviluppare
antibiotici, vaccini e farmaci contro i virus, ma la gravidanza
rappresenta una condizione particolare per l’acquisizione di molte infezioni, che
hanno un differente decorso nelle varie fasi gestazionali.
Le infezioni che sono a maggior rischio malformativo fetale sono la Rosolia,
il Citomegalovirus e la Toxoplasmosi.
La Rosolia viene per lo più contratta nell’infanzia, e la maggioranza delle
donne in età riproduttiva è immune. Se invece ci si infetta in gravidanza, la trasmissione
fetale può avvenire con o senza una sintomatologia materna. Il rischio
è massimo nei casi in cui il rash cutaneo si verifica prima dell’ottava-decima settimana
di gravidanza; si attesta intorno al 35% fino alla diciottesima, e diviene
estremamente lieve dopo quest’ultima settimana.
La profilassi prevede due livelli di azione: il primo è rappresentato dai programmi
ministeriali di vaccinazione, per cui a tutti i bambini entro il diciottesimo
mese, e successivamente entro i dodici anni, vengono somministrati vaccini
combinati contro Rosolia, Morbillo e Parotite. In Italia, il Ministero della Salute
ha autorizzato numerose campagne di prevenzione vaccinale il cui obiettivo è
quello di raggiungere una copertura immunitaria per il 90% della popolazione.
Nel caso in cui non si fosse effettuata una vaccinazione in età puberale, essa può
essere eseguita in epoca adulta qualora non si sia programmata una gravidanza nel
trimestre successivo. Se non si conoscesse la propria immunità, è opportuna una
valutazione in epoca preconcezionale e, in caso di risposta positiva di suscettibilità
all’infezione, la vaccinazione.
Il Citomegalovirus è una malattia quasi endemica, e circa l’80% delle donne
ne è immune in quanto ha già avuto un contatto con il virus. Non lascia, a differenza
di altre malattie infettive, una immunizzazione totale, ma può avvenire che
vi sia una reinfezione. Nel caso dell'infezione primaria, vi possono essere delle
gravi conseguenze nella vita neonatale.
L’epoca gestazionale in cui avviene l’infezione non influisce sull’incidenza,
ma probabilmente sulla gravità delle sequele, se presenti, dal momento che,
quanto prima l’infezione viene contratta, tanto maggiori potranno essere le stesse.
Le signore immuni al Citomegalovirus vanno incontro ad una reinfezione in gravidanza nel 2% della popolazione ma, in questo
caso, il rischio di danni neonatali è estremamente ridotto.

La Toxoplasmosi è una malattia che si contrae entrando in contatto con carne infetta,
cruda o poco cotta, con verdura e frutta infettate da feci di gatto, o direttamente
con feci di gatto che contengono il protozoo chiamato Toxoplasma. Il 60% della popolazione
è suscettibile di infezione che decorre senza sintomi particolari in oltre il 90% dei casi.
La trasmissione avviene solo durante la fase acuta della
malattia ed il rischio di infezione fetale è proporzionale
all’epoca di gestazione: quanto più l’infezione è tardiva, tanto maggiore è il rischio
della trasmissione ma, al contrario, quanto più l’infezione è precoce,
tanto più il rischio di sequele fetali è elevato. E’ opportuno quindi, ove la signora non
fosse protetta dall’infezione (immunità), procedere durante tutta la gravidanza a controlli ematici
(determinazione degli anticorpi antitoxoplasma) per cogliere
l’eventuale momento di insorgenza della malattia, che comunque può essere curata
riducendo i rischi fetali.
La Varicella è piuttosto rara in gravidanza, poiché, data l’alta infettività del
virus, la maggior parte delle donne la contraggono prima di raggiungere l'età
riproduttiva. In gravidanza essa è caratterizzata da una elevata incidenza di complicazioni
materne. Se contratta nelle settimane intorno al parto può
causare una Varicella nel neonato. Possibili misure di prevenzione
sono ancora in discussione, ma è indicato utilizzare
l’immunizzazione passiva nelle donne non
immuni esposte al contagio. E’ noto che le immunoglobuline
sono efficaci soltanto se somministrate
entro 96 ore dall’esposizione. L’entrata in commercio di un vaccino vivo attenuato
per la Varicella sembra poter offrire una vaccinazione definitiva alle donne
non immuni in età fertile.
Il Morbillo ha modificato la sua penetranza nei
Paesi industrializzati grazie all’introduzione di vaccinazioni
di massa. La prevalenza è inferiore a 5 casi su
100.000 gravidanze ma può essere particolarmente grave
nelle gestanti per complicanze polmonari. In caso di infezione durante il parto si
può avere nel neonato una malattia clinica. Non sembra esserci una responsabilità
da parte del virus nei riguardi di malformazioni fetali, ma poiché le immunoglobuline
risultano efficaci, viene altamente raccomandata la loro somministrazione
in gravidanza entro sei giorni dall’esposizione al contagio, mentre, nelle
donne in età riproduttiva che non risultino immuni potrebbe essere opportuno
associare alla vaccinazione per la Rosolia anche quella per il Morbillo.
Altre infezioni possono essere pericolose per il feto, e necessitano di una specifica
valutazione medica. In particolare, l’infezione da HIV (virus dell’immunodeficienza,
responsabile in alcuni casi dell'AIDS) dovrebbe essere identificata
prima o all’inizio della gravidanza: la mamma può essere curata, e l’infezione del
bambino può essere rara (inferiore al 2%) con una cura adeguata e con l’effettuazione
del taglio cesareo al termine della gravidanza.

3. CURA la tua alimentazione: adegua la dieta in qualità e quantità,
elimina i cibi che possono essere pericolosi.
Una corretta alimentazione in gravidanza, sia da un punto di vista
qualitativo sia quantitativo, è alla base del benessere tanto della
mamma quanto del bambino. Studi recenti hanno messo in evidenza
l’importanza di una corretta alimentazione non solo per l’effetto a breve termine
sul neonato, ma anche per quello a lungo termine sulla vita adulta dello stesso
neonato.
In gravidanza il fabbisogno di energia aumenta rispetto alla condizione pregravidica,
in seguito all’accrescimento dei tessuti sia materni (utero, tessuto adiposo,
mucose genitali, mammella), sia placentari, sia fetali. Una donna in gravidanza
dovrebbe assumere circa 200-300 chilocalorie in più al giorno, arrivando
alle 2.500-2.800 calorie totali.
L’incremento di peso ideale durante i nove mesi della gravidanza varia a
seconda dello stato nutrizionale materno prima della gestazione, il cosiddetto
Indice di Massa Corporea o “Body Mass Index” (BMI), calcolato dividendo il peso
in chilogrammi per il quadrato dell’altezza espressa in metri (ad esempio: una donna
che sia alta 1,65 metri e che pesi 58 chilogrammi ha un Indice di Massa Corporea
pari a 58/1,652 = 21,3).
Di seguito vi riportiamo delle tabelle di riferimento che indicano quale sia
l’incremento di peso ideale in base al peso pregravidico, i cosiddetti LARN
(Livelli di assunzione raccomandati di energia e di nutrienti) che tengono conto
del BMI di partenza: CALCOLA IL TUO BMI
In gravidanza è consigliabile fare piccoli pasti più frequenti, riducendo soprattutto
il pasto serale; limitare i cibi scarsamente digeribili come i fritti; bere molta
acqua e mangiare frutta e verdura per facilitare il transito intestinale; ridurre
bevande gassate, caffè o tè per evitare l’acidità di stomaco. La dieta inoltre deve
essere quanto più possibile variata e ben equilibrata: la definizione “mangiare sano”



LARN (1996)
BMI pregravidanza meno di19,8
(sottopeso) 19,8-26
(normopeso) più di 26
(sovrappeso)

Aumento di peso
auspicabile 12,5-18 11,5-16 7-11,5 (kg)



non è nemica del “mangiare bene”. Le giuste ripartizioni giornaliere delle diverse
categorie di nutrienti sono:
PROTEINE 18%. Oltre a carne e pesce, è molto importante non trascurare
i latticini, per il loro alto contenuto di calcio, ed i legumi;
LIPIDI 25-30%. Sono da preferire gli acidi grassi polinsaturi di origine vegetale
(olio) rispetto a quelli saturi di origine animale (burro, panna, pancetta);
CARBOIDRATI 50-55%. Meglio pane, pasta e riso rispetto a zuccheri
semplici o dolci.
Anche Vitamine e Sali minerali sono sostanze indispensabili che devono essere
assunte con la dieta, poiché l’organismo non è in grado di produrle.
Un’alimentazione ricca di frutta e verdura (almeno due porzioni al giorno di questi
alimenti) è in grado di fornire la quantità di vitamine e sali minerali necessari,
senza dovere perciò ricorrere all’assunzione di quote supplementari mediante preparati
farmaceutici. Due minerali sono particolarmente importanti durante la gravidanza,
poiché spesso non sono forniti in quantità sufficiente dalla sola alimentazione
e possono quindi richiedere una quota aggiuntiva: il ferro e il calcio.
Il ferro. Presente nell’organismo, viene inglobato all’interno dei globuli rossi
(le cellule del sangue che trasportano l’ossigeno) ed è indispensabile allo svolgimento
di questa funzione vitale. Poiché durante la gravidanza il volume di sangue
circolante nell’organismo materno aumenta notevolmente, e con esso anche la
quantità di globuli rossi, il ferro assunto con la dieta può risultare insufficiente
alle nuove esigenze, provocando uno stato di “anemia”. In questo caso sarà il
medico curante a prescrivere l’assunzione giornaliera di un supplemento di ferro.
Alimenti ricchi di ferro sono la carne (specialmente quella di fegato), le uova e i
legumi secchi. Sfatiamo un mito: è vero che gli spinaci contengono una grande
quantità di ferro, tuttavia il ferro di origine vegetale è scarsamente assorbito dal
nostro organismo.
Il calcio. E’ un costituente fondamentale di ossa e denti, oltre ad essere un
elemento indispensabile per il buon funzionamento di muscoli e nervi. E’ contenuto
in abbondanza nel latte, nello yogurt, nel formaggio, nei broccoli e nei legumi.
La sua carenza in gravidanza è meno frequente rispetto a quella di ferro, e può
manifestarsi con la comparsa di crampi agli arti inferiori.
L’acido folico (o folato), inoltre, è una sostanza contenuta nella frutta e nelle
verdure, e viene utilizzato dall’organismo in tutti i processi di riproduzione cellulare,
quindi in grande abbondanza dai tessuti e dagli organi fetali in crescita.
Purtroppo il nostro organismo non è in grado di immagazzinare grandi riserve di
acido folico, e nei momenti di intenso utilizzo, come durante la gravidanza, può
risultarne sfornito. In questo caso il rischio per la mamma è di andare incontro
ad una particolare forma di anemia con globuli rossi molto grossi, detta “anemia
megaloblastica”. E’ stato anche dimostrato che l’assunzione preventiva di questo
elemento fin dai primi mesi di gravidanza riduce il rischio di malformazioni del sistema nervoso nel nascituro.
E’ pertanto consigliabile la supplementazione di acido folico (una compressa al giorno è sufficiente a soddisfare
i bisogni di mamma e figlio), specialmente nei primi
due mesi di gestazione.
Se la gravidanza è gemellare, è raccomandabile un aumento di circa 11 chilogrammi fino a 24
settimane, seguito da un incremento settimanale di circa 0,5 chili. Il discorso è
simile anche se i gemelli sono tre, con la differenza che l’aumento
consigliabile a 24 settimane è di circa 16,5 chilogrammi.
Se la sierologia della Toxoplasmosi è negativa (e cioè non si è immuni) è
necessario evitare il consumo in gravidanza di carne e salumi crudi, mentre
frutta e verdura devono essere ben lavate.

4. EVITA il fumo, un eccesso di bevande alcoliche, le droghe;
evita radiografie nella seconda metà del ciclo, oltre che all’inizio
della gravidanza.
Non fumare è certamente salutare: ancor di più lo è per la mamma in
attesa. La gravidanza è certamente la migliore motivazione per smettere
di fumare. E’ accertato che il fumo di sigaretta riduce significativamente
la crescita del feto per effetto delle sostanze contenute nel fumo di
tabacco, in particolare la nicotina e il monossido di carbonio. Se proprio non si
riesce a smettere, è fortemente consigliabile mantenere il numero delle sigarette
giornaliere al di sotto delle sei. E attenzione: è proprio il numero che deve essere
ridotto. Passare da sigarette “forti” alle cosiddette “ultra light” non giustifica
un numero superiore a quello indicato.
L’alcol è uno dei teratogeni noti da più lungo tempo. Nei casi di alcolismo
conclamato, il feto sviluppa la ben nota sindrome feto-alcolica. Tuttavia parliamo,
in questo caso, di consumi continuativi superiori ad almeno 30 grammi di alcol
puro al giorno. Inoltre, un consumo di alcol esagerato interferisce con l’assorbimento
alimentare di importanti elementi, quali vitamina B12 ed acido folico. Per
contro, un consumo moderato di bevande alcoliche (75 millilitri di vino a pasto)
non è controindicato.
L’assunzione di tutte le droghe è controindicata, soprattutto in gravidanza.
Seppure per molte delle sostanze stupefacenti non sia dimostrata una precisa attività
teratogena, quasi tutte passano la placenta e giungono quindi nell’ambiente
fetale. Segnaliamo in particolare gli effetti dannosi della cocaina sia sull’esito della
gravidanza che sul neonato, dovuti all’azione di forte vasocostrizione che questa
sostanza esercita (parto prematuro, iposviluppo fetale; microcefalia e difetti degli
arti), e la sindrome da astinenza dei neonati le cui mamme siano tossicodipendenti
da eroina. Come per l’eccesso di alcol, l’uso di droghe si
accompagna ad abitudini di vita (inadeguata alimentazione,
associazione con eccesso di fumo di sigaretta e bevande alcoliche, sprechi
psicofisici) che dovrebbero essere radicalmente modificate durante la gravidanza.
Nella seconda metà del ciclo mestruale ed in gravidanza è
preferibile evitare, anche per non generare apprensioni perlopiù ingiustificate,
controlli radiologici (risonanza magnetica nucleare inclusa).


5. ASSUMI farmaci, in previsione o durante la gravidanza, solo su
precisa indicazione medica: se hai malattie croniche, fai adeguare la
terapia in funzione della gravidanza.
Ifarmaci di cui siano accertati gli effetti teratogeni sono fortunatamente
pochi, o meglio pochissimi. Nella valutazione del rischio farmacologico si
deve tenere sempre presente l’epoca di gravidanza in cui i farmaci vengono
o debbono essere assunti. Un esempio per tutti: l’aspirina e i FANS (Farmaci Antiinfiammatori
Non Steroidei), che possono essere assunti liberamente nella gravidanza
iniziale ma che vanno evitati oltre la fine del sesto mese per il rischio di chiusura
del dotto di Botallo, canale molto importante che trasferisce il sangue dai polmoni
(che non lavorano) ad altri più importanti organi fetali. Il rischio non è prevedibile
nè valutabile in alcun modo.
Va sottolineata la totale innocuità degli anestetici locali e delle anestesie generali:
le cure odontoiatriche devono essere effettuate senza problemi, così come gli
interventi chirurgici non procrastinabili.
Chi assume farmaci per problemi cronici, sia organici che psichici, dovrebbe
programmare la gravidanza facendola precedere da una consulenza specifica. Ad
esempio, una terapia anticoagulante con Cumarinici (come il Warfarin) per via orale
è assolutamente controindicata in gravidanza, e deve essere
sostituita dall’assunzione di eparina. Molti farmaci antiepilettici,
nelle prime settimane di gravidanza, possono aumentare il rischio di malformazioni. Ma la
valutazione dei singoli farmaci è così peculiare, che è necessaria una specifica
consulenza caso per caso (vedi in seguito la possibilità di un consiglio telefonico).
Sottolineiamo che in gravidanza (ma anche fuori di essa)
l'automedicazione deve essere evitata, e quindi che ogni farmaco
deve essere assunto dietro specifica indicazione e sotto controllo medico.
In caso di dubbio è possibile acquisire informazioni specifiche presso il Filo
Rosso di ASM, il servizio telefonico di consulenza medica gratuita sui farmaci in gravidanza
che risponde ai numeri 02-8910207 e 06-6872688.

6. INFORMATI sulle procedure non invasive per meglio valutare il
rischio di anomalie del bambino, non solo in base alla tua età.
Oggi tutti sappiamo che ogni mille parti, in donne di tutte le età, possono
nascere tre bambini con anomalie dei cromosomi. La più frequente
tra queste è la sindrome di Down, causata dalla presenza di
tre cromosomi 21.
Il primo problema, per una donna in gravidanza e per il suo medico, è sapere,
tra queste mille donne, quali presentino un rischio minore e, viceversa, quali
evidenzino un rischio maggiore, che debba essere considerato. Il primo fattore di
rischio, noto da molti anni, è l’età. Grazie a ciò, sappiamo che per una donna di
25 anni il rischio di partorire un bambino affetto dalla sindrome di Down è di
una possibilità su mille e cinquecento parti (1/1500), mentre per una donna di
35 anni questo rischio è di circa una possibilità su trecento parti (1/300).
Tuttavia, poiché le donne che partoriscono dopo i 35 anni sono numericamente
molto meno delle donne che partoriscono in età giovanile, avremo in pratica più
bambini affetti alla nascita in donne giovani. Negli ultimi dieci anni sono stati
fatti molti sforzi per mettere a punto dei test che consentono di identificare, nelle donne giovani,
quelle eventualmente a rischio elevato, tale da prendere in considerazione l'esecuzione
di test invasivi come l’amniocentesi e il prelievo di villi, non esenti da
possibili complicanze.
Attualmente i test disponibili, e convalidati da larghissima esperienza, sono il
Bi-test, che si esegue a 11-13 settimane; la misura della traslucenza nucale del feto,
che si esegue tra 11 e 13 settimane (questi due test possono essere effettuati
assieme, migliorando il loro risultato); il Triplo test, che si esegue a 15 settimane.
In pratica questi test dànno come risultato una stima del rischio individuale,
non più solo in base all’età, e con questa valutazione disponibile la donna può
scegliere se considerare l'esecuzione dei test invasivi. Qual è la capacità di questi test
di identificare effettivamente il rischio? Se utilizziamo il test della traslucenza
nucale combinato con il Bi-test, e quando questo identifica un rischio superiore
a 1 su 300, eseguiamo un esame diretto dei cromosomi con amniocentesi o prelievo
di villi, e possiamo diagnosticare 9 bambini affetti su 10.
Di regola, si considera il risultato del test come positivo quando il rischio stimato
di avere un bambino con la sindrome di Down è superiore a una possibilità
su 300. Occorre, a questo proposito, fare alcune considerazioni: a) il test positivo
non significa assolutamente che il bambino è malato, ma solo che il rischio è
simile o superiore a quello di una donna di 35 anni. Quindi, nessun “terrore” per
un test positivo, si tratta solo di discutere se per prudenza sia necessario eseguire
una diagnosi diretta; b) è buona norma esaminare in dettaglio il valore del
rischio e lasciare la decisione sul da farsi alla propria sensibilità e all’insieme delle
condizioni psicologiche e mediche che hanno portato alla scelta del test. E’ ovvio,
infatti, che un test che identifica un rischio di una possibilità su 320 non è molto
diverso da un test di una su 280, mentre entrambi sono molto diversi da un risultato
francamente rassicurante, come ad esempio uno su 2000.
A questi test si può aggiungere la cosiddetta ecografia genetica, un esame ecografico
eseguibile a 16 settimane volto a identificare la possibile presenza di anomalie
o irregolarità del corpo del bambino che possono associarsi ad un aumentato
rischio di anomalie cromosomiche. Tuttavia, bisogna avere molto chiaro il concetto
che la sensibilità di questo test è più bassa rispetto a quelli già citati, richiede
un’apparecchiatura ecografica di altissima qualità e costo, difficilmente disponibile
nello studio del singolo ginecologo, e implica una grande capacità nella esecuzione
degli esami ecografici.
Alla luce di queste informazioni:
a)discutete con il vostro medico il vostro
punto di vista su questi test ed esprimete le vostre opinioni senza timore, quali che
esse siano;
b) chiedete al vostro medico di aiutarvi a capire gli aspetti
eventualmente non chiari di questi test;
c) non fatevi dire dal vostro medico cosa fare, spetta a voi decidere di queste scelte
che possono avere profonde conseguenze su di voi e sulla vostra vita;
d) discutete prima con il medico il "che fare" qualora i test siano positivi.


7. VALUTA possibilità e rischi delle procedure invasive di diagnosi
prenatale precoce riguardanti anomalie del bambino.
Le procedure invasive di diagnosi prenatale precoce sono il prelievo dei
villi coriali e l’amniocentesi. Entrambe consentono di ottenere una
piccola quantità di cellule placentari o fetali su cui esaminare direttamente
i cromosomi del bambino.
Il prelievo dei villi coriali avviene attraverso un sottile ago guidato ecograficamente
all’interno della placenta: il tessuto così ottenuto è formato da cellule che
originano dallo stesso uovo fecondato da cui ha origine il feto, cellule specializzate
a formare la placenta.
Il prelievo di liquido amniotico ha luogo mediante un ago più sottile, guidato
ecograficamente all’interno della sacca che contiene il liquido amniotico e
il feto: nel liquido prelevato sono contenute cellule che provengono dai tessuti
del feto stesso.
Le cellule così ottenute vengono fatte moltiplicare. I cromosomi contenuti
nei nuclei di queste cellule vengono quindi analizzati. In questo modo è possibile
escludere con quasi totale sicurezza le anomalie come la sindrome di Down
(mongolismo) ed altre causate da alterazioni del numero e della forma dei cromosomi.
Sono veramente rarissime le condizioni in cui il genetista si trova di
fronte a quadri cromosomici interpretabili con difficoltà.
Il prelievo dei villi coriali avviene tra 10 e 12 settimane. L’amniocentesi viene
eseguita a 14-16 settimane. Le cellule placentari e fetali ottenute possono essere
utilizzate anche per studiare malattie rarissime, di solito conosciute all’interno di
gruppi familiari. Con l’amniocentesi, infine, si valuta anche la presenza di una
sostanza contenuta nel liquido amniotico, l’alfafetoproteina, il cui aumento identifica
un rischio di difetti della colonna dorsale e della parete addominale.
Perché allora i prelievi dei villi o l’amniocentesi non vengono fatti in tutte le
gravidanze? Primo, perché molti considerano che la presenza di anomalie cromosomiche
nel feto non causi un danno psicologico personale e familiare tale da
indurre a ricorrere alla Legge 194 sull’interruzione di gravidanza; in secondo
luogo, perché queste procedure non sono esenti da rischi per la gravidanza stessa.
Ad esempio, l’abortività spontanea nella fase della gestazione alla quale viene eseguita
l’amniocentesi è circa dell’1%. Il rischio aggiuntivo causato dall’amniocentesi
è dello 0,2-0,5%, cioè ogni duecento, quattrocento prelievi può capitare un
danno alle membrane (rottura e/o infezione) che sfocia in un aborto.
Nel prelievo dei villi coriali il rischio aggiuntivo di aborto è di circa lo 0,5-1%.
Pur essendo il rischio lievemente più elevato, l’epoca precoce e la maggiore rapidità
nella risposta diagnostica fanno sì che alcune donne si orientino verso questa metodica.
Dal punto di vista medico sarebbe comunque consigliabile eseguire il prelievo
dei villi coriali nelle gravidanze in cui il rischio di un’anomalia cromosomica è alto.

8. FAI un’ecografia completa a 19-22 settimane: questa ecografia
può identificare almeno il 50% delle malformazioni.
In tutti i protocolli ecografici provenienti da linee guida delle differenti
società scientifiche vi è un unanime consenso per l’esecuzione dell’ecografia
fra la 18ma e la 22ma settimana di gravidanza. Questo esame, che deve
essere effettuato in maniera completamente differente dagli altri che sono stati e che
verranno eseguiti durante il periodo gravidico, è finalizzato alla valutazione della
maturazione e della corretta morfologia dei vari organiinterni fetali e delle strutture anatomiche.
In questo periodo della gravidanza, infatti, è terminata quella fase che viene definita "organogenetica"
e che è finalizzata alla formazione degli organi.
Da questo momento in poi, lo sforzo primario del feto sarà concentrato nell’accrescimento
e nell’incremento volumetrico di questi organi, oltre che nell’attività funzionale degli
stessi. E’ facile quindi comprendere come sia possibile cogliere, in questa fase della gravidanza,
una serie di anomalie che potrebbero incidere negativamente sul
benessere del feto e del neonato.
L’esame ecografico deve soffermarsi sui vari organi e procedere al loro riconoscimento
ed alla loro disposizione spaziale. E’ opportuno quindi effettuare la misurazione di tutti
gli organi interni e di tutte le strutture che possono permettere di valutare, anche indirettamente,
la funzionalità degli organi stessi come, ad
esempio, il riempimento e lo svuotamento della vescica, espressione di una corretta
attività dell’apparato renale, o come il riempimento e lo svuotamento dello stomaco,
espressione di una corretta formazione e funzionalità dell’apparato gastroenterico. A
livello cardiaco è opportuno il riconoscimento delle principali strutture del cuore e
dei luoghi in cui vanno ad inserirsi i grandi vasi sanguigni che vi giungono e ne escono,
nonché delle valvole che regolano la circolazione fetale. La presenza ed il riconoscimento
delle strutture cerebrali, la loro normale dimensione e volumetria, il riconoscimento
delle varie aree cerebrali e cerebellari permettono di escludere grossolane
alterazioni nell’àmbito del sistema nervoso. La normale struttura del profilo
addominale, la corretta inserzione del cordone ombelicale, il riconoscimento degli
organi sessuali, la valutazione, sia morfologica che dimensionale, di tutti e quattro gli arti
e delle dita sono parte integrante di questo esame. Oltre a ciò, se possibile, è necessaria
la corretta visualizzazione del viso fetale per escludere grossolane alterazioni nella sua
formazione come, ad esempio, il labbro leporino.
La valutazione della colonna vertebrale, con il riconoscimento della normalità degli
spazi fra una vertebra e l’altra, permette di riconoscere eventuali anomalie di formazione
della colonna stessa, con erniazione della meninge o del midollo spinale. In ultimo, la
valutazione della placenta e delle sue strutture annesse, come il cordone ombelicale ed il
sacco amniocoriale, sono parte integrante della completezza di questo esame che, per
essere affidabile, deve necessitare di un tempo prolungato rispetto agli altri esami gravidici.
Nella risposta, poi, si deve pretendere che ogni singolo organo venga descritto, o quanto
meno visualizzato e ritenuto normale e, ove esso non sia stato correttamente valutato
per problematiche legate a non ottimali posizioni del feto, è necessario che l’ecografia
venga ripetuta al più presto.
La corretta esecuzione di questo esame ha permesso di abbattere sino al 90% il
mancato riconoscimento di alcune malformazioni, mentre genericamente tale indagine
permette il riconoscimento di oltre il 50% di tutte le malformazioni presenti.


9. SAPPI che le diverse malformazioni possono anche essere curate
in utero o dopo la nascita in Centri specializzati dove programmare
il parto.
Un buon numero di malformazioni non porta inevitabilmente a morte
endouterina o neonatale e consente, se ben trattata, una normale o
comunque accettabile qualità di vita nell’infanzia, adolescenza ed età
adulta. Come sempre, prima di impostare una cura corretta bisogna disporre di una
diagnosi precisa: ed ancora oggi, nonostante gli enormi progressi della tecnica ecografica,
la diagnosi può non essere completamente precisata prima della nascita. Per
esempio, alcune anomalie del sistema nervoso possono avere evoluzione benigna o
maligna a seconda del grado di interessamento del tessuto neurale specifico. Molte
malformazioni cardiache possono essere inizialmente curate in utero evitando che
il feto vada incontro ad uno scompenso cardiocircolatorio ed ottimizzando il
momento del parto, e possono essere operate con ottimo successo nei primi anni
di vita neonatale. Quasi tutte le anomalie dell’apparato escretore renale (bacinetto
renale, ureteri, vescica, uretra) guariscono senza alcun intervento o con una cura
appropriata. Buona parte delle malformazioni gastrointestinali necessita di un’accurata
sorveglianza prenatale e può poi risolversi con esiti totalmente favorevoli dopo
il parto, a breve o media distanza dalla nascita.
Insomma, fino a poco tempo fa la diagnosi prenatale portava all’identificazione
di malattie fetali incurabili, o comunque in grado di determinare una pessima qualità
di vita del nascituro. Oggi aumenta sempre di più il numero e la qualità delle malformazioni
fetali che, se ben curate prima e dopo la nascita, possono risolversi
non soltanto nella sopravvivenza del bambino malato, ma anche in una condizione
di vita accettabile e felice. Per arrivare a questo favorevole risultato deve esistere una
collaborazione culturale ed operativa (fortunatamente già esistente in diversi Centri
di riferimento regionali e nazionali) fra ostetrico, neonatologo-pediatra e chirurgopediatra,
che intersecano e condizionano reciprocamente le loro attività. La malformazione
è una malattia, che come tale deve essere curata nel migliore dei modi e
per quanto possibile: in nessun caso l’aborto, ancorché accettato, può essere definito
una terapia, soprattutto per il feto che ne subisce le estreme conseguenze.


10. CONSIDERA che alcune anomalie (specie metaboliche) non
diagnosticate in utero possono essere individuate con esami del sangue
o altri esami sul bambino.
Nei primi giorni dopo la nascita vengono generalmente effettuati sul
bambino gli screening neonatali, allo scopo di individuare precocemente
la presenza di alcune malattie del metabolismo non evidenziabili
durante la vita intrauterina e che non sono subito riconoscibili alla nascita.
Le malattie oggi indagate sono:
- la fenilchetonuria, malattia rara con seria compromissione del sistema
nervoso centrale per una grave anomalia del metabolismo degli aminoacidi;
- la fibrosi cistica (o mucoviscidosi), malattia che comporta gravi alterazioni
dell’apparato respiratorio e gastrointestinale;
- l’ipotiroidismo congenito, malattia responsabile di ritardo della crescita e
dello sviluppo neuromotorio e intellettivo per insufficiente produzione dell’ormone
tiroideo. L’esecuzione dei test, che avviene utilizzando poche gocce di sangue
del neonato, è molto importante in quanto, nel caso in cui il bambino risulti affetto,
il medico ha la possibilità di intervenire con opportuni trattamenti (ad esempio,
con una dieta alimentare appropriata nel caso della fenilchetonuria) in modo da
evitare o minimizzare i danni, che già dopo poche settimane di vita potrebbero
risultare irreversibili. La diagnosi tempestiva, quindi, è essenziale per prevenire o
ridurre i danni che la malattia può causare, e può migliorare sensibilmente la qualità
della vita futura dei bambini colpiti.
Oltre a questi screening, è possibile oggi eseguire la diagnosi precoce di altre
due condizioni:
- la lussazione congenita dell’anca;
- la ipoacusia bilaterale congenita (sordità), e nel prossimo futuro è
prevedibile un ulteriore ampliamento.
Nonostante questi accertamenti siano attualmente effettuati nella maggior
parte dei Centri ospedalieri, assicuratevi che queste indagini siano state eseguite
anche sul vostro bambino.


fonte: http://italiasalute.leonardo.it/decalogogravidanza.asp

Edited by Sherry76 - 6/5/2009, 14:26
 
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Sherry76
view post Posted on 6/5/2009, 13:24




ACIDO FOLICO

L’acido folico (folato), è la vitamina B9. Non viene prodotto dall’organismo ma deve essere assunto con il cibo e dalla flora batterica intestinale, e il fabbisogno quotidiano in condizioni normali è di circa 0,2 mg. Negli ultimi decenni, l’acido folico è stato riconosciuto come essenziale nella prevenzione delle malformazioni neonatali, particolarmente di quelle a carico del tubo neurale, che si possono originare nelle prime fasi dello sviluppo embrionale. Durante la gravidanza, quindi, il fabbisogno di folato si raddoppia a 0,4 mg perché il feto utilizza le riserve materne.
Anche se il suo ruolo non è conosciuto nei dettagli, infatti, la vitamina B9 è essenziale per la sintesi del DNA e delle proteine e per la formazione dell’emoglobina, ed è particolarmente importante per i tessuti che vanno incontro a processi di proliferazione e differenziazione, come, appunto, i tessuti embrionali.
L’acido folico, tuttavia, contribuisce anche a prevenire altre situazioni di rischio alla salute. La sua presenza abbassa i livelli dell’aminoacido omocisteina, associato al rischio di malattie cardiovascolari e infarti, anche se non si può al momento stabilire una associazione diretta tra assunzione di folati e riduzione del rischio cardiaco. Inoltre, sembra giocare un ruolo, non ancora ben chiarito, nella prevenzione di altri difetti e malformazioni congenite, come la labiopalatoschisi e alcuni difetti cardiaci congeniti.

Effetti della carenza di acido folico
La carenza di acido folico nelle prime fasi della gravidanza aumenta fortemente il rischio di malformazione del feto, in particolare di difetti del tubo neurale (DTN) associati a spina bifida o anencefalia. In generale, una carenza di folati può dare luogo con più facilità a esiti avversi (ritardo di crescita intrauterina, parto prematuro, lesioni placentari..).
Negli adulti, la carenza di acido folico può manifestarsi con l'anemia megaloblastica. Inoltre, è spesso associata a carenze di altri oligonutrienti (zinco, vitamina B12) che sono, a loro volta, ulteriori fattori di rischio teratogeno (ad es., difetti del tubo neurale).
Una riduzione dell'assorbimento di acido folico, e/o un conseguente aumento del fabbisogno, possono derivare anche dall'assunzione di alcuni farmaci (barbiturici, estroprogestinici), da un elevato consumo di alcol, dal diabete mellito insulino-dipendente, dalla celiachia, o da alcune specifiche varianti di geni coinvolti nel metabolismo dei folati (metilene-tetraidrofolato-reduttasi, recettore dei folati).
Se le donne in età fertile presentano uno di questi fattori di rischio, quindi, è necessario che assumano con particolare attenzione la vitamina nel periodo periconcezionale. Le donne che rientrano in gruppi ad alto rischio (quelle che presentano una certa familiarità con malattie del tubo neurale, o che hanno avuto una precedente gravidanza con un DTN, o che sono affette da diabete mellito, obesità o epilessia) dovrebbero essere monitorate con particolare cura dagli operatori sanitari in quanto potrebbero necessitare di quantità maggiori di acido folico.

I difetti del tubo neurale (DTN)
Il tubo neurale è quella parte del feto che si sviluppa per formare il cervello, la scatola cranica e la spina dorsale. Quando il tubo neurale non si chiude correttamente e completamente durante le prime settimane di gravidanza, il bambino sviluppa gravi malformazioni congenite come la spina bifida e l’anencefalia. La maggior parte di queste condizioni sono multifattoriali e risultano quindi dalla combinazione di elementi genetici e ambientali. Non è possibile prevedere se una donna avrà una gravidanza affetta da DTN, dato che il 95 per cento delle malformazioni si presentano in bambini nati da donne senza alcuna familiarità con queste condizioni.
La spina bifida è il più frequente DTN, dovuta a una incompleta chiusura della parte inferiore del tubo neurale. La spina bifida comporta conseguenze anche molto diverse, che vanno da problemi che possono essere corretti con interventi chirurgici a gravi disabilità fisiche e mentali. In questo secondo caso, si possono verificare paralisi degli arti inferiori, difficoltà di controllo degli organi interni (intestino e vescica), difficoltà nello sviluppo e apprendimento e ritardo mentale, talvolta idrocefalia. L’80-90 per cento dei bambini con spina bifida sopravvivono fino all’età adulta.
L’anencefalia è una condizione in cui il cervello si sviluppa in modo incompleto o non si sviluppa affatto in seguito alla incompleta chiusura della parte superiore del tubo neurale. I bambini con anencefalia muoiono prima della nascita o subito dopo.

Quando e come va assunto l’acido folico
Il tubo neurale si chiude entro 30 giorni dal concepimento (tra il 17esimo e il 29esimo giorno tipicamente), quando la donna spesso non sa ancora di essere incinta. Data l’importanza dell’acido folico in questa fase, tutte le donne che programmano una gravidanza o che semplicemente sono in fase riproduttiva e non applicano misure anticoncezionali dovrebbero assumere acido folico giornalmente, sia tramite la dieta che con integratori. In una ipotesi minima, l’assunzione dovrebbe avvenire regolarmente perlomeno nel mese precedente il concepimento e per i primi tre mesi di gravidanza. Secondo un dato dei CDC americani, l’assunzione di acido folico può prevenire dal 50 al 70 per cento di alcuni tipi di malformazioni.
Data la difficoltà a soddisfare il fabbisogno minimo con la sola alimentazione durante la gravidanza, gli esperti raccomandano di agire su tre fronti allo stesso tempo: una dieta ricca di acido folico, l’uso di alimenti fortificati e l’assunzione quotidiana di integratori di acido folico.

Una dieta ricca di acido folico
L’acido folico si trova in abbondanza in alcuni alimenti come le verdure a foglia verde (spinaci, broccoli, asparagi, lattuga), le arance (e il succo di arancia dal concentrato), i legumi, i cereali, frutta come limoni, kiwi e fragole, e nel fegato. Il processo di cottura però distrugge la grande maggioranza di folato presente nei cibi.

Alimenti fortificati
Sono pochi i cereali che contengono acido folico in quantità tali da soddisfare con una singola razione il fabbisogno quotidiano. Nel 1998 la Food and Drug Administration (l’organismo federale statunitense per la sorveglianza sui farmaci e sugli alimenti) ha disposto l’aggiunta di acido folico a tutti i cereali ‘fortificati’ nella misura di 0,14 mg per 100 grammi di prodotto in granella. Sono così acquistabili sul mercato americano alimenti fortificati come la farina, il pane, il riso e altri prodotti a base di cereali. In Italia, non esiste l’obbligo di produzione di alimenti fortificati, ma esiste solo una fortificazione volontaria adottata da alcune industrie alimentari. Sono quindi presenti sul nostro mercato solo alcuni alimenti fortificati come cereali da colazione prodotti da industrie multinazionali, succhi di frutta, un latte speciale UHT e pochi altri prodotti.

Assunzione di un integratore
Ogni giorno, una donna in età fertile che preveda o perlomeno non escluda una gravidanza, dovrebbe assumere una pastiglia contenente 0,4 mg di acido folico. In alternativa, è possibile assumere una pastiglia da 0,5 mg ogni secondo giorno. Gli integratori di acido folico sono in vendita in tutte le farmacie e possono facilmente essere acquistati dietro presentazione di ricetta medica. E’ importante attenersi alle quantità indicate, perché un eccesso di vitamine (soprattutto se si assumono i complessi multivitaminici) può causare altri danni (un eccesso di vitamina A può dare luogo ad altri difetti di nascita, e la dose giornaliera consigliata è di 3000 UI). Sembra invece superato il problema per cui un eccesso di acido folico può mascherare una carenza di vitamina B12 che comporta una forma rara di anemia: sono infatti disponibili altri test che permettono di valutare rapidamente i livelli di B12 indipendentemente dalla presenza di folati.
Nonostante la dose raccomandata sia di 0,4 mg di acido folico al giorno, uno studio pubblicato su The Lancet nel 2001 stima che un aumento di questa dose fino a 5 mg al giorno avrebbe effetti anche più incisivi nella riduzione del rischio di DTN.


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4 replies since 20/6/2008, 15:37   1484 views
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