| lasciai la mia misera capanna, viaggiai per molti giorni per raggiungere la grande montagna e lungo il cammino mi nutrii di cavallette, formiche e radici. Raggiunta la montagna, mi arrampicai fino alle nuvole che avvolgevano la sua bianca cima per dare battaglia al Dio Sconosciuto. Gli gridai: "Sono un uomo. Perchè non posso vivere umanamente?" E gli chiesi di mostrarmi il suo volto, ma lui mi ignorò.
Caddi a terrra e piansi amaramente, fino a quando le mie lacrime si trasformarono in ghiaccio. Quando infine alzai la testa, intravidi davanti a me una splendida donna con una grande spada in mano. Mi parlò dicendo: " O Ram, o Ram, tu che sei infranto nello spirito, le tue pregiere sono state ascoltate. Prendi questa spada e conquista te stesso". E in un batter d'occhio scomparve.
Conquistare me stesso? Come potevo rivolgere la lama contro di me e tagliarmi la testa; le mie braccia erano troppo corte per impugnare l'elsa della spada! Eppure in questa grande spada ritrovai l'onore. Non tremavo più nel gelido freddo, ma cominciai ad avvertire calore. E quando ritornai con lo sguardo là dove erano cadute le mie lacrime, vidi crescere un fiore di tal profumo e di tal colore che improvvisamente seppi che era il fiore della speranza. Scesi dalla montagna con la grande spada in mano, era il giorno che passò alla storia del popolo indù come il terribile giorno del Ram. Non avevo più un corpo fragile o debole, ero un Ram nel senso più completo della parola. Ero un giovane uomo avvolto da una luce terribilmente radiosa e con la spada più grande di me. A volte penso di aver compreso molto lentamente il senso di ciò che vivevo nella mia esistenza di allora perchè non mi ero mai chiesto come la meravigliosa spada potesse essere tanto leggera da poter essere sollevata, e tuttavia tanto grande che sarebbero serviti nove mani per afferrarne l'elsa. Dalla montagna tornai nella città di Onai. Nella campagna antistante la città, vidi una vecchia proteggersi gli occhi dal sole con una mano, per potermi guardare. Ben presto tutti sospesero il loro lavoro. I carri si fermarono. Gli asini ragliarono. E tutto mi acquietò. Quando la gente vide il mio viso, dovette rimanere profondamente colpita poichè ciascuno, senza esitazione, prese il suo misero attrezzo e mi seguì in città.
Distruggemmo Onai perchè gli atlatiani mi sputarono in un occhio allorchè io pretesi che aprissero i granai per sfamare il mio popolo. Erano così impreparati che fu facile sopraffarli, perchè non conoscevano la battaglia. Io aprii i granai per il mio povero popolo, poi uccidemmo gli atlatiani e demmo fuoco alla città. Non considerai affatto la possibilità di non potercela fare, perchè in quel momento mi era indifferente vivere o morire; non avevo più nulla per cui valesse la pena per vivere. Finito il massacro e la distruzione della città, sentivo ancora una grande ferita dentro di me, perchè il mio odio non era stato placato. Così scappai dalla folla per nascondermi in montagna, ma la mia gente mi seguì, benchè io imprecassi e lanciassi contro di loro sassi e sputi. "Ram, Ram, Ram, Ram", gridavano, portando sulle spalle gli attrezzi agricoli e sacchi di granaglie e sospingendo davanti a sè pecore e capre. Gridai loro di lasciarmi in pace e di tornarsene a casa. Ma loro contunuarono a seguirmi, perchè non avevano più dove andare! Io ero la loro casa! Poichè insistettero nel volermi seguire ovunque io andassi, raccolsi attorno a me queste creature senz'anima, di diversa provenienza, ed esse divennero la mia armata, il mio popolo.
Erano efffettivamente un grande popolo. Ma non erano certo soldati. Eppure fu allora che si formò la grande armata del Ram. Inizialmente contava quasi diecimila uomini. Da quel momento fui un essere affannato, un barbaro, che disprezzava la tirannia degli uomini. Odiavo l'uomo e combattevo, in costante attesa della morte. A differenza di molti del mio popolo non avevo paura di morire, poichè io volevo morire con onore. Non conobbi mai paura, conobbi solo l'odio. Solo un pazzo può guidare un attaco e stare davanti a tutti, senza avere nessuno a destra e a sinistra. Una persona che lo fa è carica della potente emozione chiamata odio. Ero davvero uno spettacolo per i miei più nobili nemici che avrebbero potuto abbattermi facilmente, se solo me ne avessero dato l'onore! Scelsi i più degni avversari nella speranza di morire. Ma, sapete, quando manca la paura, è presente la conquista. Cos' divenni un grande conquistatore, ma solo tiranni. Io creai la guerra. Fui il primo conquistatore che questo piano abbia mai conosciuto. Fino ad allora non c'era stata alcuna fazione in guerra contro l'arroganza degli atlatiani. Nessuna. Io la creai. Nella mia rabbia e ostilità e nel mio proposito di essere nobile e fedele ai miei sentimenti, divenni ciò che voi chiamate una grande entità. Sapete che cosa è un eroe? Ebbene , io lo ero veramente. l'eroe salva la vita a molti e pone fine a tutto ciò che nella vita è ingiusto, senza comprendere che, facendolo, anch'egli crea ingiustizia. Io volevo eliminare ogni forma tirannide e lo feci, ma solo per diventare proprio ciò che disprezzavo. Per questo fui spinto ad abbandonare la tirannide e a rendere più rispettabile il colore della mia pelle. E da tutti gli assedi e le battaglie che intraprendemmo - i paesi che attraversammo e tutte le persone che liberammo - per strada - uno dopo l'altro la mia armata cresceva, e grande divenne la leggenda del Ram e della sua armata. Io ero un'entità ignorante,un imbecille , un barbaro, un buffone acclamato selvaggiamente. E per dieci anni della mia marcia lottai contro gli innocenti, mi feci strada attraverso molti paesi distruggendo e saccheggiando, fino a quando un giorno fui trafitto da una grande spada. Se l'avessero lasciata infilata, avrei potuto, forse, salvarmi: perciò la estrassero, per farmi morire dissanguato. Mentre giacevo sul pavimento di marmo bianco apparemntemente immacolato, vidi che il fiume di sangue rosso scarlatto vi aveva portato un'incrinatura. Giacevo lì steso sul freddo pavimento di marmo e osservavo il sangue abbandonare il mio corpo, quando sentii una voce. Mi parlò e disse " Alzati". Disse: Alzati". Sollevai la testa e mi appoggiai sulle mani. Poi incominciai a spingere sotto di me le ginocchia del mio essere. Portai il corpo in posizione eretta, spinsi avanti il piede sinistro e lo appoggiai in modo stabile. Poi, raccogliendo tutte le mie forze, posi la mano sul ginocchio, il pugno nella ferita, e mi alzai. Vedendomi in piedi, con il sangue che sgorgava dalla bocca, mi scorreva tra le dita e mi scendeva lungo le gambe, i miei amici, fuggirono via. convinti a quel punto, che fossi immortale. Fui affidato all'accampamento delle donne della mia marcia, che si occuparono di me. E dovetti sopportare le maleodoranti fasciature di grasso che avvolgevano il mio torace. Fui spogliato sotto i loro occhi e subbi i loro continui comandi. E non potevo nemmeno urinare o espellere escrementi dall'ano in privato, ma dovevo farli davanti a loro, un'esperienza davvero umiliante. Sono tutt'oggi convinto che il grasso d'avvoltoio non servisse a curarmi, ma che fosse il suo puzzo, inspirato, a trattenere la vita dentro di me. Nel corso della mia guarigione dovetti liberarmi di gran parte del mio orgoglio e del mio odio per soppravvivere.. Mentre mi riprendevo dalla terribile ferita, non potendo fare altro, cominciai a contemplare ogni cosa attorno a me. Un giorno vidi una vecchia donna abbandonare questo piano. Si aggrappava a un vecchio lenzuolo di lino grezzo che lei stessa in passato aveva tessuto per suo figlio, morto ormai da lungo tempo. Vidi la donna morire nella luce del sole del mezzogiorno, la vita abbandonare il suo corpo con singulti strozzati dal pianto. Mentre osservavo la vecchia donna raggiunggrinzarsi nella luce, la bocca le si aprì in un espressione di stupore, e gli occhi le diventarono vitrei, insensibili alla luce. Nulla si muoveva tranne i suoi vecchi capelli e il vento.
Riflettei sulla grande intelligenza della donna e di suo figlio, ora entrambi morti. Quindi alzai gli occhi al sole che non muore mai. Era lo stesso che la donna aveva visto attraverso una fessura del tetto quando aveva aperto per la prima volta gli occhi dopo la sua nascita, ed era lo stesso sole che come ultima cosa vide prima di morire. Alzai nuovamente gli occhi al sole. Sapete, era ovvio che lei fosse morta. E lo guardai quando bruciammo la donna sotto un grande pioppo in riva al fiume. Quella sera, quando tramontò, lo malediì. Lo vidi adagiato sulla cresta delle montagne, come una grande gemma fiammante, con l'occhio scarlatto. Guardai le montagne rosso porpora e la valle già avvolta nella nebbia, e vidi i raggi del sole indorare tutte le cose e avvolgerle in una bellezza irreale. Vidi le nuvole, prima di un blu pallido, farsi luminose in tutte le sfumature del rossoscarlatto, del rosso fuoco e del rosa. Continuai a osservare la grande luce ritirarsi dietro le montagne che ora si stagliavano come denti aguzzi all'orizzonte, finchè gli ultimi raggi della sua bellezza erano calati dietro l'ultima montagna. Sopra di me sentii le grida di un uccello notturno e alzai gli occhi al firmamento dove una pallida luna saliva nel cielo sempre più scuro. Si alzò una brezza che mi soffiò tra i capelli, asciugò le mie lacrime e mi fece star male.
Dovete sapere che ero un grande guerriero. Con la spada potevo in un attimo tagliare in due un uomo. Avevo decapitato, squartato e macellato. Avevo conosciuto l'odore del sangue e bruciato esseri umani. Ma perchè facevo tutto questo? Il sole tramontava comunque nel suo splendore. L'uccello gridava comunque nella notte. E anche la luna continuava, nonostante tutto, ad alzarsi. Fu quello il momento in cui cominciai a riflettere sul Dio Sconosciuto, L'unica cosa che veramente volevo era comprendere quall'invisibile essenza che sembrava incutere tanto rispetto, che sembrava così misteriosa e lontana. E l'uomo che cos'era? Perchè non era più importante del sole? Perchè la vecchia donna non aveva potuto vivere? Perchè l'uomo - nonostante la sua numerosa presenza su questo piano e la sua forza creatrice e la sua forza unificante - sembrava essere la più vulnerabile di tutte le creazioni? Se l'uomo era così importante come il mio popolo mi aveva raccontato, perchè alla sua morte il sole non si fermava in segno di lutto o la luna non diventava rosso porpora o l'uccello non fermava il suo volo? L'uomo sembrava essere molto poco importante se tutto continuava il suo corso incurante del pericolo che egli correva. Tutto ciò che volevo, era sapere. Non avevo nessun maestro che mi potesse istruire sul Dio Sconosciuto, perchè non avevo fiducia di nessun uomo. Molto avevo visto e molto avevo perduto a causa della cattiveria degli uomini e del loro pensiero limitato e alterato. Avevo visto gli uomini disprezzarsi a vicenda e considerarsi senz'anima. Avevo visto uccidere e bruciare innocenti solo per paura. Avevo visto bambini legati nudi ai pali degli schiavi, esaminati da anime perverse che strappavano i loro primi peli della pubertà perchè apparissero ancora più bambini quando li violentavano. Avevo visto sacerdoti e profeto inventare, nel loro odio per l'umanità, creature orride e mostruose per dominare e rendere schiave gli esseri umani con l'aiuto di precetti religiosi. Non avrei voluto come maestro nessun uomo vivente perchè tutti gli esseri umani erano prigionieri del loro pensiero limitato e alterato, ognuno aveva preso ciò che era puro e innocente e lo aveva alterato con la propria limitata capacità di comprendere. Non volevo avere niente a che fare con un Dio creato da mente umana, perchè un Dio creato dall'uomo non poteva che essere fallace. Furono gli elementi della vita, gli insegnamenti più veritieri di tutto, che mi istruirono sul Dio Sconosciuto. Imparai dai giorni. Imparai dalle notti. Imparai da quella vita tenera e insignificante che sa essere abbondante anche in presenza di distruzione e di guerra. Contemplai il sole nel suo glorioso apparire all'orizzonte. Seguii il suo viaggio attraverso i cieli fino al suo tramonto a ovest, dove si abbandona al sonno. Imparai che il sole, senza pronunciare parola, controlla, sottilmente la vita, infatti anche chi è stato coraggioso e valoroso e sta lottando sul campo di battaglia, al tramonto del sole sospende le ostilità.
Osservai la bellezza della luna nella sua pallida luce che danzando attraverso i cieli e, nel suo meraviglioso mistero rischiarava l'oscurità. Vidi i fuochi del nostro accampamento illuminare il cielo vespertino. Ascoltai gli uccelli selvatici posarsi sull'acqua, ascoltai, di notte, il friscio degli uccelli nel nido, ascoltai le risate dei bambini. Osservai le stelle cadenti, gli usignoli, la brina nel canneto, l'argenteo lago gelato che creava l'illusione di un altro mondo. Vidi le foglie degli ulivi da smeraldo diventare argento quando il vento le attraversava.
Osservai le donne in piedi nel fiume riempire d'acqua le brocche, con i vestiti annodati a mostrare le ginocchia di alabastro. Ascoltai il loro vocio, i loro pettegolezzi, le loro risate canzonatorie. Sentii l'odore del fumo di fuochi lontani e l'odore dell'aglio e del vino nel respiro dei miei uomini. E fu allora, osseravando e la vita e riflettendo sul suo continuo fluire, che scoprii chi fosse veramente il Dio Sconosciuto. Arrivai a concludere che il Dio Sconosciuto non erano gli Dei creati dal pensiero limitato degli esseri umani. Compresi che gli Dei nella mente degli uomini erano solamente la personificazione delle cose che essi più temono o più rispettano; compresi che il vero Dio era l'essenza perenne che permette all'uomo di crarsi delle illusioni e di viverle come meglio gli pare, l'essenza che ci sarà sempre, anche quando l'uomo ritorna a un'altra primavera, a un'altra vita. Compresi che il Dio Sconosciuto abita veramente nella potenza e nella perennità della Fortza della Vita.
Chi era dunque il Dio Sconosciuto? Ero io, e gli uccelli nel loro nido notturno, la brina nel canneto, il cielo all'alba e al tramonto. Lo erano il sole e la luna, i bambini e le loro risate, le ginocchia di alabastro e il fluire dell'acqua, l'odore dell'aglio, del cuoio e dell'ottone. Impiegai molto tempo a comprendere tutto questo, sebbene fosse davanti ai miei occhi già da sempre. Il Dio SConoscoiuto non si nascondeva al di là della luna o del sole, era tutto attorno a me. Grazie a questa mia nuova comprensione, cominciai ad abbracciare la vita, a considerarla cara e preziosa, a trovare un motivo per vivere. Avevo compreso che c'era molto più del sangue, della morte e del tanfo della guerra. C'era la vita, più splendida di quanto noi avessimo mai immaginato. E grazie a questa comprensione negli anni successivi realizzai che l'uomo è veramente la più grande di tutte le cose; che l'unico motivo per cui il sole continua il suo corso mentre l'uomo muore, è che il sole non ha mai concepito il benchè minimo pensiero di morte, Tutto ciò che conosce è essere. Quando compresi, attraverso il pensiero contemplativo, chi fosse il Dio Sconosciuto, e che cosa fosse, non volevo più avvizzire e morire come aveva fatto la vecchia donna. Doveva esserci una via, pensai, per essere perenni come il sole. Una volta guarito dalla mia terribile ferita, non avevo altro da fare che starmene seduto su un altipiano e guardare il mio esercito che ingrassava e impigriva.
Un giorno, osservando all'orizzonte i contorni evanescenti di montagne spettrali e di valli inesplorate, mi chiesi come sarebbe stato essere il Dio Sconosciuto, l'elemento della vita. Come avrei potuto diventare questa essenza che è perenne?
Edited by Scharden - 7/8/2012, 20:08
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